Trasmettere ai nostri bambini la passione per la lettura e – perché no – per la scrittura è meraviglioso.
E basta semplicemente vedere i loro piccoli occhietti illuminarsi di stupore e gioia con un’attività che noi diamo per scontato, ma che per loro significa spalancare le ali della fantasia e volare a bassa quota sopra un mondo di personaggi, colori, insegnamenti.
Sì, sfogliare un libro è (anche) tutto questo.
Ora, noi non siamo certo scrittori di storie per bambini, ma possiamo offrirti il nostro piccolo contributo con tre racconti brevi e una filastrocca - dalla penna del grande Gianni Rodari e di altri autori - che puoi leggere ai tuoi figli o ai tuoi alunni e che hanno, tra loro, un filo conduttore unico: l’acqua.
Ti auguriamo (o dovremmo dire “Vi auguriamo”) una piacevole lettura!
Le storie che stai per scoprire:
- L'omino della pioggia (di Gianni Rodari)
- Il piccolo fiume (di Medina Lariana e Gabriele Gesiotto)
- La goccia d’acqua (di Caterina Falchi)
- Filastrocca sul risparmio dell’acqua (di Jolanda Restano)
L’omino della pioggia
«Io conosco l’omino della pioggia. È un omino, leggero leggero, che abita sulle nuvole.
Salta da una nuvola all’altra senza sfondarne il pavimento soffice e vaporoso.
Le nuvole hanno tanti rubinetti.
Quando l’omino apre i rubinetti, le nuvole lasciano cadere l’acqua sulla terra. Quando l’omino chiude i rubinetti, la pioggia cessa.
Ha un gran da fare, l’omino della pioggia, sempre ad aprire e chiudere tutti i rubinetti e qualche volta si stanca.
Quando è stanco stanchissimo si sdraia su una nuvoletta e si addormenta.
Dorme, dorme, dorme e intanto ha lasciato aperti tutti i rubinetti e continua a piovere.
Per fortuna un colpo di tuono più forte di tutti gli altri lo sveglia. L’omino salta su ed esclama:
“Povero me, chissà quanto tempo ho dormito!”.
Guarda in basso e vede i paesi, le montagne ed i campi grigi e tristi sotto l’acqua che continua a cadere.
Allora, comincia a saltare da una nuvola all’altra chiudendo in fretta tutti i rubinetti.
Così la pioggia cessa, le nuvole si lasciano spingere lontano dal vento e muovendosi cullano dolcemente l’omino della pioggia che così si addormenta di nuovo.
Quando si sveglia esclama:
“Povero me, chissà quanto tempo ho dormito!”.
Guarda in basso e vede la terra secca e fumante, senza una goccia d’acqua. Allora corre in giro per il cielo ad aprire tutti i rubinetti.
E va sempre avanti così.»
(Storia di Gianni Rodari)
Il piccolo fiume
«C’era una volta, non tanto tempo fa, un piccolo fiume di nome Bèr che scorreva allegro dalla montagna di cristallo fino alla grande pianura.
Bèr era un fiume svelto e luccicante, amico degli uomini e dei bambini che d’estate andavano a fare il bagno nelle sue acque fresche.
Bèr era molto amico anche dei contadini ai quali dava volentieri un po’ della sua acqua per irrigare i campi e per innaffiare gli orti.
Un giorno nella pianura arrivarono degli uomini cattivi e prepotenti che cominciarono a buttare nell’acqua del fiume ogni schifezza possibile e immaginabile: detersivi, plastica, acido, vernice, cemento, mobili, frigoriferi e biciclette.
Bèr non riusciva più a respirare. I bambini non potevano più andare a giocare sulle rive, figuriamoci poi fare il bagno!
I pesci che da tempo vivevano nelle sue acque cominciarono a morire. La frutta, la verdura e tutti i prodotti dei campi irrigati con quell’acqua sporca facevano venire il mal di pancia a chi li mangiava.
Insomma per Bèr attraversare la pianura era diventato un vero incubo.
Piangeva sempre ma nessuno poteva vedere le sue lacrime in mezzo all’acqua e nessuno poteva sentire i suoi lamenti perché tutti dovevano stare chiusi in casa dalla gran puzza che c’era.
I contadini, preoccupati, si erano rivolti alle autorità, spiegando che se non si fossero presi subito dei provvedimenti in poco tempo non ci sarebbe stato più niente da mangiare e neanche da bere.
“Per irrigare i campi stiamo usando l’acqua del rubinetto, quella che serve per bere e per lavarsi, ma non può durare per sempre, prima o poi finirà anche quella e allora come faremo? Mangeremo la plastica? Berremo la vernice?”.
Ma quelli niente, non volevano proprio capire.
Pian piano i contadini abbandonarono i campi e tutto intorno a Bèr gli uomini prepotenti costruirono dei palazzi altissimi con dei garage enormi per metterci le auto.
Durante un autunno particolarmente piovoso le acque di Bèr si erano ingrossate a tal punto da rompere gli argini e inondare tutta la pianura.
L’acqua puzzolente invadeva le strade, i negozi e le cantine dei palazzi.
Le auto galleggiavano nelle strade e nei garage. La gente scivolava, cadeva in quella melma scura e non riusciva più a pulirsi.
Ma ciò che più preoccupava le autorità era il crollo della strada che impediva ai camion che portavano il cibo di arrivare nella pianura.
E intanto continuava a piovere.
Dopo tanti giorni di pioggia Bèr cominciava a sentirsi meglio, più pulito. Quando finalmente un pallido sole era apparso in cielo, le sue acque riflettevano la luce facendolo brillare tutto.
Appena le acque si ritirarono un po’, i bambini andarono subito vicino agli argini a giocare mentre i loro genitori stavano ancora cercando di pulire le strade dal fango.
Quando gli uomini arrivarono con i camion per buttare nel fiume tutta la sporcizia che avevano raccolto nelle strade i bambini cominciarono a urlare: “Eh no! Adesso basta! Lasciatelo stare!”.
Attirate dalle urla dei bambini, tutte le persone della pianura si avvicinarono al fiume per vedere cosa stesse succedendo. Bèr scorreva più lucente che mai, era uno spettacolo.
Gli uomini restarono incantati a guardarlo per un po’, poi decisero che non lo avrebbero riempito di schifezze un’altra volta, anzi non l’avrebbero fatto mai più.
“Lo ripuliremo per bene e chiunque oserà buttare ancora immondizia nell’acqua sarà arrestato!” disse il sindaco.
Ora Bèr scorre felice nella pianura vicino alle case dei bambini e forse, con un po’ di pazienza, qualche pesce deciderà di fidarsi ancora degli uomini e tornerà a sguazzare nelle sue acque.»
(Storia di di Medina Lariana e Gabriele Gesiotto)

La goccia d’acqua
«Questa è la storia di una goccia d’acqua che un bel giorno, stanca della solita vitaccia monotona passata nel secchio per pulire i pavimenti di un ristorante, decise di iniziare a viaggiare per scoprire il mondo.
Fu così che la nostra piccola goccia si ritrovò in posti mai visti.
Un giorno si scoprì salata e vide quanto bello e profondo era il mare. Giocò con le onde e gli spruzzi dell’acqua che si rifrangeva sugli scogli, vide mille specie diverse di pesci colorati e si riposò sul bagnasciuga in compagnia di sassi, conchiglie e meduse spiaggiate.
Il sole però piano piano l’asciugò, la goccia perse tutto il suo sale e diventò ben presto una goccia d’acqua dolce in mezzo ad un lago.
Il panorama che godeva da laggiù era bellissimo, il lago era circondato da colline verdi e rigogliose mentre in lontananza si scorgevano le montagne più alte ricoperte di neve.
Anche qui però arrivò presto il sole che la fece evaporare.
Si ritrovò imprigionata in una nuvola grigia e minacciosa: si stava preparando un gran temporale!!
Ben presto la nostra goccia perse l’equilibrio e iniziò a cadere. Giù giù sempre più giù!!!
Era una goccia un po’ paurosa e mentre cadeva pensava: “Oddio! Chissà dove andrò a finire!” e cercava in ogni modo di aggrapparsi a qualcosa.
Riuscì ad afferrare le ciglia di una bambina ma si accorse che sul visino c’erano altre goccioline d’acqua come lei che però si facevano chiamare lacrime.
La bimba stava piangendo perché si era fatta male cadendo dalla bicicletta, ma ben presto le altre lacrime furono asciugate dal fazzoletto della mamma corsa a consolare la bambina.
La nostra goccia scoprì però che le lacrime potevano essere anche di gioia, non solo di dolore. Infatti in un meraviglioso giorno di sole si ritrovò vestita da lacrima sul viso di una graziosa giovane signora in bianco e si sentiva immensamente felice.
Era capitata sul viso di una giovane sposa che piangeva dalla felicità che stava provando in quel giorno.
Ma il viaggio della nostra goccia non era finito. Si ritrovò ben presto in una brutta pozzanghera fangosa e capì di essere arrivata in un posto di campagna dove non esistevano strade asfaltate ma soltanto campi arati e stradine bianche.
Ma pure stavolta arrivò l’amico sole che fece salire la nostra goccia verso il cielo trasformandola in vapore.
Goccia restò lassù per moltissimo tempo, le venne detto che si trovava sopra un grande paese chiamato Africa dove faceva troppo caldo per scendere, dove le gocce d’acqua non arrivavano mai.
E da lassù si vedevano campi secchi, animali magri, capanne di paglia e fango e tanti bimbi bisognosi di cibo.
Si sentiva impotente e piangeva, più piangeva più diventava piena d’acqua e più pesante e iniziò a cadere di nuovo…
E si scoprì di nuovo salata, era tornata nel mare in mezzo a pesci e coralli.
Quante cose aveva visto la nostra goccia durante il suo viaggio, quante altre amiche gocce aveva incontrato, tante amiche con ciascuna compiti diversi ma ugualmente importanti.
E fu talmente felice di ricominciare il suo giro che tornò ancora per mille e mille volte sulle guance delle spose, sulle guance di bimbi, sulle foglie delle piante e nei laghetti di montagna.
Il mondo attorno a lei era meraviglioso, ricco di tante cose da scoprire e amici da ritrovare.»
(Storia di Caterina Falchi)
Filastrocca sul risparmio dell’acqua
«Mentre cantando mi faccio la doccia
chiudo l’acqua e salvo la goccia.
Goccia che cade dal rubinetto
se chiudo l’acqua, risparmio un laghetto!
Risparmio un lago se lavo di meno
io chiudo l’acqua e vivo sereno;
Vivo sereno facendo il bucato
se il cesto è pieno non ho sprecato;
Non ho sprecato neppure una goccia
se invece del bagno faccio la doccia
Se faccio la doccia al cagnolino
senza la pompa, ma con il catino.
Uso un catino per le stoviglie
risparmio acqua per tante bottiglie;
tante bottiglie risparmio fintanto
che bagno le piante di sera, al tramonto;
dopo il tramonto si cena e si va a letto
lavo i dentini chiudendo il rubinetto!
Chiudo il rubinetto e risparmio… sai cosa?
L’acqua trasparente, fresca e preziosa,
preziosa, pura, limpida e pulita,
umida, brillante e che dona la vita!»
(Filastrocca di Jolanda Restano)